Ivano Parolini: Il murales a Gandino dedicato al 2020

Da gennaio nel parcheggio multipiano di Piazza XXV Aprile, a pochi passi dal Municipio di Gandino, si può ammirare il murales che l’artista Ivano Parolini, originario del paese, ha realizzato per ricordare l’anno 2020.

Un anno che ha segnato profondamente ognuno di noi e che l’artista, come è solito fare attraverso la sua arte, ha deciso di reinterpretare, ispirandosi al “Risposo nella fuga in Egitto” di Antonio Balestra presente nella Basilica di Santa Maria Assunta a Gandino.

Ancora una volta, la cultura diventa il mezzo per comunicare e per creare turismo.

Abbiamo incontrato Ivano Parolini e abbiamo parlato con lui di arte, espressione e memoria.

Buongiorno Ivano, grazie per il suo tempo. Partiamo subito dall’inizio, come in ogni storia. Da dove nasce la sua passione per l’arte?

Buongiorno a voi! Dire da sempre sembra scontato, ma è davvero così che è andata. L’arte è essenziale nella mia vita sin dalla tenera età. Ero ancora un bambino -frequentavo le elementari- quando ho capito che avevo bisogno di risposte e che non le avrei trovate nel mondo che conoscevo e che mi circondava. Per questo ho seguito la mia attrazione per ogni forma artistica, alla ricerca di risposte e di linguaggi che mi permettessero di ottenerle.

Ha quindi seguito la sua passione attraverso studi dedicati.

Esatto. Ho frequentato il liceo artistico e successivamente l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, prima dedicandomi alla pittura e poi spaziando e sperimentando altre forme d’arte. Ho realizzato installazioni, ideato performance, creato video, per poter mettere alla prova anche l’efficacia della scultura, dell’arte più astratta, delle immagini e dei suoni.

Grazie per lo spunto, ne approfittiamo per chiederle allora come si è evoluta la sua arte nel tempo.

La mia arte si è evoluta insieme a me. Ovvero, siamo cresciuti insieme, quando ho avuto bisogno di sperimentare lei c’era, quando dovevo dire qualcosa di diverso, l’ho usata per i miei scopi. Sono incuriosito quindi da ogni forma espressiva proprio per la capacità di poter trasmettere dei messaggi.

La fatidica domanda, Ivano: cosa esprime attraverso le sue opere?

Anche la risposta è fatidica! La realtà e la verità. Ho lavorato nel campo della moda e ho visto tante situazioni finte. Viviamo in un mondo pieno di maschere, imposte o costruite con intento. Io voglio far cadere le maschere e mostrare l’intimo del soggetto, senza fermarmi all’apparenza, ritrarre cosa c’è dietro alle persone e far emergere il senso del reale.

La sua produzione spesso tocca temi drammatici, che toccano profondamente il pubblico…

Sì, la maggior parte delle mie opere è a tema drammatico, proprio perché il mio intento è quello di immergere totalmente lo spettatore in ciò che sta vedendo.

Ivano parolini murales gandino grem bike

Come è nata l’idea del murales a Gandino?

Il lavoro mi è stato commissionato dal Comune e ho quindi presentato il mio progetto, che tra l’altro vede inseriti all’interno altri due murales che ho realizzato vent’anni fa, creando un tutt’uno.

Lodevole che un’amministrazione comunale colga l’importanza e il valore che opere simili possono dare al territorio.

Certamente! E devo dire che già un anno fa avevo realizzato un murales reinterpretando una maschera del campanile di Gandino. In questa ultima opera invece ho analizzato l’opera di Balestra e la raffigurazione stessa mi ha suggerito di relazionarla alla pandemia. Mi hanno colpito gli angeli che sembra stiano trovando la soluzione a qualcosa, e subito l’ho associato alla pandemia, in senso più attuale e moderno. E lo potete vedere nell’opera finita.

Qual è il rapporto del territorio con l’arte? Cosa può essere migliorato e su cosa si può puntare?

Io ho proposto all’amministrazione comunale un progetto ben definito, e ho avuto risposta positiva. Ma credo che sia necessario che le istituzioni e gli attori della società siano i primi a coinvolgere artisti e creativi, per avere un punto di vista diverso e per valorizzare il territorio.

Parlando di territorio, quali reazioni ci sono state tra gli abitanti?

Sicuramente il murales ha creato curiosità e passaparola. Magari non tutti sono andati a vedere di persona l’opera perché si trova in un parcheggio poco frequentato, ma è anche per questo che è stato scelto come luogo per il murales. Proprio perché attraverso l’arte si può creare un nuovo modo di fruire gli spazi.

A quali artisti si ispira quando crea le su opere?

Più che ispirarmi, attingo ai percorsi di vita di alcuni artisti, dei quali ammiro il percorso di crescita e di espressione. Bacon e Basquiat se penso alla pittura, e come artista attuale non posso non ricordare Adrian Ghenie. Dal punto di vista delle installazioni, anche se le mie sono molto distanti dal loro stile, trovo molto affascinante la ricerca e la concretezza del pensiero di Claudio Parmiggiani, Anish Kapoor e Jannis Kounellis.

Il progetto al quale ha lavorato che più la rappresenta?

Sono molto legato al progetto “Relitti” del 2016, un’installazione nella colonia Sciesopoli a Selvino legata alla Shoah. Si è trattato di una performance durata un giorno intero e che ha visto protagonista la trasformazione di un ciliegio, prima scolpito e poi abbattuto, ad incarnare la “demolizione dell’uomo” come l’ha definita Primo Levi. Da questa performance è nato un video (disponibile qui), del quale ho seguito personalmente il montaggio insieme a dei professionisti, per amplificare la diffusione del messaggio. Non posso non ricordare però “La sposa”, un’installazione del 2018 nata in memoria delle vittime di femminicidio e ispirata alla tragedia della giovane Pippa Bacca, l’artista milanese che nel 2008, indossando proprio un abito da sposa, partì con l’obiettivo di portare un messaggio di pace e di amore in Turchia, dove venne stuprata e uccisa.

Consigli ai giovani artisti che vogliano intraprendere questo percorso

Credere sempre nelle proprie idee, arrivare in fondo ai progetti e superare gli ostacoli con costanza. Inoltre, dare spazio alla fantasia, senza limitarla.

Come si fa a nutrire la fantasia?

Avere la capacità in ogni momento della giornata di rilevare gli spunti creativi, le parole, le immagini, i dialoghi, vedere le cose da un’altra prospettiva per creare nuove visioni e nuove idee.

Difficile, però, farsi comprendere da tutti.

Infatti, l’arte è a nostra disposizione proprio per questo attraverso tutte le sue forme. A seconda del tipo di messaggi e del tipo di pubblico, possiamo trovare la forma più adatta per esprimerci. Le mie installazioni sono definite con cura proprio per poter essere ancora più comunicative e dirette.

E ora la fatidica domanda: ha trovato le risposte che cercava?

Non solo le ho trovate, sono sicuro che ce ne sono ancora molte che mi aspettano, tutte nascoste nelle opere che dovranno ancora vedere la vita. Ho capito che l’arte era quel qualcosa che sentivo e che mi mancava. Da bambino ero molto introspettivo, mi sentivo diverso, silenzioso, vedevo il mondo in un modo particolare. E ho capito che il disegno mi avrebbe aiutato ad essere me stesso, attraverso l’energia che mi ha sempre regalato. Ancora oggi osservo due autoritratti che ho fatto a quindici anni -che ho incorniciato- per il modo in cui mi rappresentano: non per l’arte figurativa, ma perché in essi ho dipinto quello che sentivo di me stesso. Ed è quello che mi caratterizza oggi; la mia pittura è più espressionista che figurativa, per stravolgere il soggetto ed esprimere ciò che sento.

 

Ringraziamo Ivano Parolini per la sua disponibilità e per la sensibilità che mostra e che ci mostra ogni giorno con le sue opere.